“Transizione significa proiettarsi in avanti”

La transizione energetica è tra i temi chiave che guideranno la trasformazione verso un mondo più sostenibile. Un processo che ha in sé i concetti di crescita e di cambiamento, in un contesto dove governi, aziende e singoli individui diventano artefici del mondo che verrà. In questo ambito anche gli asset manager e, soprattutto, gli investitori hanno un ruolo sempre più importante, fornendo i capitali che diano la spinta al nuovo trend e selezionando le storie aziendali più interessanti e più motivate a cambiare. Delle azioni concrete che si possono portare avanti parlano Jennifer Boscardin-Ching e Duncan Downes, ambedue senior client portfolio manager di Pictet Asset Management.

Partiamo dalla transizione: quanto pesano politica e regolamentazione nel processo di cambiamento e quali altri variabili scendono in campo?  

Jennifer Boscardin-Ching: «Iniziamo col dire che la politica non è tutto. Nonostante l’importante ruolo svolto fino a 10 anni fa dai regolatori, che si sono fatti promotori della transizione energetica, la prima leva che muove oggi questo fenomeno è l’aspetto economico, sotto la voce della competitività dei costi. Significativi miglioramenti si sono avuti a livello di economie di scala e nell’efficientamento di eolico e solare, che hanno reso queste tecnologie più convenienti di alcune fonti fossili come carbone e gas. La regolamentazione continua, comunque, a giocare un ruolo attivo di primaria importanza: vista la maggiore accessibilità economica e il peggiorare della crisi climatica globale, c’è stato un enorme slancio da parte dei governi nel sostenere nuovi investimenti nella transizione. Una situazione esacerbata dalle questioni di sicurezza energetica dopo l’avvio del conflitto Russia-Ucraina e dal desiderio di troncare la dipendenza dalle importazioni estere».

Quali sono state le azioni più importanti dei governi secondo voi?

Jennifer Boscardin-Ching: «Tra le politiche più recenti decise a livello governativo, spicca il piano bipartisan americano alle infrastrutture approvato nell’ultimo trimestre 2021, che investirà 65 miliardi di dollari nella riqualificazione della rete elettrica e 15 miliardi nella mobilità sostenibile. Ciò significa nuovi investimenti nel miglioramento delle infrastrutture e nel potenziamento delle lunghe distanze, progetti che il fondo Pictet-Clean Energy ricerca e valorizza allocando circa il 20% del proprio portafoglio in utility. Joe Biden, lo scorso 6 giugno, ha inoltre intrapreso un’azione esecutiva, invocando il Defense production act (Dpa), per stimolare la produzione interna di tecnologie per l’energia pulita. Il Dpa consentirà al governo federale di investire nelle aziende in grado di costruire impianti di energia pulita, espandere la produzione e accelerare l’installazione di tecnologie “critiche” (pannelli fotovoltaici, materiali per l’isolamento termico, pompe di calore, infrastrutture chiave tra cui i trasformatori, gli elettrolizzatori e le celle a combustione), necessarie per ridurre i costi dell’energia, sviluppare un modello di economia più sostenibile e rafforzare la sicurezza energetica nazionale. Tutte aree al centro del nostro portafoglio tematico». 

E l’Europa?

Jennifer Boscardin-Ching: «Anche l’Europa si sta muovendo in questa direzione: il piano REPower Eu ha lo scopo di sviluppare l’utilizzo di energie rinnovabili a livello industriale, abitativo e dei trasporti, promuovendo l’indipendenza energetica europea. Le misure previste da Bruxelles prevedono anzitutto l’aumento dell’utilizzo di fonti rinnovabili, che dovrebbero raggiungere un livello del 45% del fabbisogno energetico complessivo entro il 2030, rispetto al 15% attuale. Il piano tocca anche l’impiego di idrogeno verde, un tema dall’enorme potenziale, ma la cui tecnologia è ancora in una fase iniziale».

Andando a valutare l’impatto reale della transizione, che cosa significa partecipare attivamente al processo di transizione energetica e come impatta tutto ciò sull’ambito social, la “S”, di Esg?

Jennifer Boscardin-Ching: «Partecipare alla transizione significa proiettarsi in avanti, analizzando che cosa dovrebbe cambiare per fare sì che la trasformazione energetica possa avere luogo. È necessario guardare da ambo i lati dell’equazione: se da una parte viene data grande visibilità all’implementazione di nuove tecnologie, dall’altra, è fondamentale intervenire sugli impianti già in essere con opere di efficientamento. La nostra strategia sulle energie pulite ricerca opportunità lungo l’intera catena del valore. Ci concentriamo non solo sulle energie rinnovabili o sulla mobilità elettrica, come pensano in molti, ma suddividiamo i nostri investimenti principalmente su quattro aree: fonti rinnovabili, infrastrutture abilitanti, efficienza energetica e nuove tecnologie. Questo fatto ci permette di generare un impatto sull’ambiente, ma anche sulla società nel suo insieme. Come riportato lo scorso febbraio dalle Nazioni Unite, l’inquinamento prodotto a livello globale da parte di stati e aziende ha generato più decessi di quanti non ne abbia fatti nel medesimo periodo la pandemia da Covid-19. È un problema spesso trascurato. Bisogna quindi ricordare che la transizione energetica avrà impatti positivi diretti e impliciti sulla “S” del noto acronimo Esg, sebbene sia la più difficile da quantificare, riducendo i problemi di salute dovuti all’inquinamento atmosferico e fornendo elettricità pulita e conveniente, maggiore indipendenza energetica (stoccaggio e distribuzione locale) e sicurezza nazionale».

Come operate nel vostro processo di selezione dei titoli in questo campo?

Jennifer Boscardin-Ching: «Nel processo di selezione del fondo teniamo conto di tutti gli aspetti Esg, effettuando un’analisi company by company per valutare le dinamiche di governance aziendale e promuovere pratiche di engagement che portino al miglioramento dell’attività delle imprese target. L’esempio forse più chiaro arriva dal comparto dei semiconduttori, sui quali adottiamo una strategia di full engagement per rendere più sostenibile tutto ciò che ruota intorno alle loro attività dal punto di vista sociale e ambientale».

Che cosa rappresenta per Pictet l’engagement nel processo di cambiamento? 

Duncan Downes: «L’attività di engagement è per noi vitale. Vogliamo incoraggiare attivamente il cambiamento, collaborando con le aziende. Ci riferiamo a questo modo di operare usando il termine “addizionalità”, ovvero quel miglioramento che non sarebbe potuto avvenire senza il coinvolgimento diretto dell’investitore. Nei mercati azionari quotati riteniamo che un’attenta attività di engagement sia straordinariamente importante per dimostrare quanto conti l’azione degli investitori. Per una strategia che non investe solo in aziende a impatto positivo, ma si concentra sul processo di miglioramento, l’engagement è una leva fondamentale. Nel dettaglio, all’interno della nostra nuova strategia Positive Change stiamo collaborando con un importante produttore statunitense di lenti a contatto per migliorarne l’efficienza. Si tratta di un’azienda molto forte, con un buon modello di business e una lunga strada di crescita davanti a sé, ma ha ancora alcune aree di debolezza. La società si sta infatti impegnando, da un lato, nel risolvere il problema dell’accessibilità al prodotto (secondo il Brien Holden Vision Institute, il 50% della popolazione mondiale soffrirà di miopia entro il 2050), in seconda analisi, nel riciclo e nella biodegradabilità della produzione: solo negli Stati Uniti, ogni anno, vengono buttati circa 14 miliardi di lenti a contatto. L’azienda è già al momento allineata ad alcuni Sdg, ma è al di sotto della media del settore sanitario. Vogliamo lavorare in collaborazione con le imprese, affinché concorrano a generare un positive change. Gli impegni che prendiamo devono, perciò, essere realistici, misurabili e vantaggiosi per l’impresa, mitigando i rischi e, idealmente, creando valore per l’investitore». 

Al pari dell’evolversi del mondo, sospinto dall’incalzante avanzata del progresso tecnologico, anche le strategie di investimento hanno visto importanti modifiche nel corso degli anni: come è cambiata, in particolare, la strategia clean energy? 

Jennifer Boscardin-Ching: «Nel 2019, la strategia Clean Energy ha eliminato dal proprio universo di investimento le ultime posizioni in ambito gas naturale (aziende attive nella distribuzione) e ha reso questa tecnologia non investibile, rafforzando così il suo profilo di sostenibilità. Questo segmento era stato incluso nelle base investibile sin dal suo lancio nel 2007, poiché il gas naturale era considerato una tecnologia di passaggio, fondamentale per abbandonare l’utilizzo del carbone. Con il progredire della transizione energetica, però, anche il nostro approccio si è evoluto: il gas naturale rischia di trasformarsi gradualmente nel nuovo carbone e di essere soggetto a critiche da parte degli stakeholder e a normative più severe nei prossimi anni. Di conseguenza, il nostro focus rimane rivolto alle energie rinnovabili e al ruolo delle utility elettriche nel processo di transizione. Grazie alla crescente attrattiva e competitività tecnologica nella generazione di energia rinnovabile, sono sempre più le aziende di servizi che stanno spostando i loro modelli di business dai combustibili fossili all’energia pulita. Ciò amplia la nostra base investibile a livello globale, modificando la strategia rispetto al primo periodo 2007-2010, nel quale le opportunità in ambito rinnovabili erano per lo più pure-play, imprese concentrate verticalmente su una sola linea di business, soggette all’eventuale perdita di interesse in quel tipo di attività. Possedere oggi in portafoglio società di servizi di pubblica utilità di alta qualità significa per gli investitori potere trarre vantaggio da aziende che partecipano alla transizione, con un profilo di crescita in accelerazione e un significativo re-rating delle valutazioni».

Abbiamo citato il cambiamento come condizione base della transizione. Ampliando il discorso a tutti i settori, che cosa significa per voi Positive Change e in quale modo si traduce in operatività?

Duncan Downes: «Positive Change significa migliorare l’impatto che i prodotti e i servizi di un azienda hanno sulla società e sull’ambiente, a prescindere dal settore di appartenenza, investendo nel cambiamento che sta alla base della transizione. Misuriamo questo impatto attraverso l’allineamento delle attività di una società agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite, che sono il quadro normativo internazionale più ampio e completo oggi disponibile. Gli Sdg sono stati firmati nel 2015 da tutti gli stati membri dell’Onu come progetto “per raggiungere un futuro migliore e più sostenibile per tutti”, un obiettivo condiviso da tutto il team della strategia Positive Change. Osservando le imprese con la lente Sdg, gli impatti positivi e negativi di ogni attività possono essere valutati in base a un’ampia gamma di aree di impatto e ridurre le esternalità negative legate a un’attività è il primo passo. Un’azienda agricola, ad esempio, potrebbe essere allineata all’Sdg 2 (sconfiggere la fame), ma se i prodotti impiegati danneggiano la qualità del suolo e inquinano i fiumi, essa avrà un allineamento negativo all’Sdg 14 (vita sott’acqua) o 15 (vita sulla terra)». 

Ci sono alcuni Sdg più importanti, secondo voi?

Duncan Downes: «La strategia Positive Change cerca di migliorare l’intero spettro degli Sdg in aziende appartenenti a tutti i settori, per trovare quelle realtà che hanno il potenziale per fare parte di un futuro più sostenibile. Per gli investitori c’è un altro motivo per sostenere il cambiamento positivo: migliorare l’impatto di un gruppo significa potenziare le sue prospettive di ritorni futuri. Le società già ben allineate agli Sdg, le cosiddette imprese leader, sono quelle più adatte a generare rendimenti maggiori e crescita strutturale nel breve termine. Quelle in fase di crescita dal punto di vista ambientale, sociale e di governance, tra le quali si distinguono aziende in fase di miglioramento e aziende opportunità, possono invece registrare un incremento dei profitti, ma anche una rivalutazione delle proprie quotazioni. Puntando su un mix eterogeneo di società con un diverso grado di allineamento agli Sdg, gli investitori possono quindi accedere a fonti diversificate di performance». 

Quali sono le competenze trasversali che un’azienda deve possedere per essere inclusa in un processo di engagement?

Duncan Downes: «Per la nostra attività di engagement ricerchiamo imprese che dimostrino la volontà di cambiare e abbiano il potenziale per farlo. “Potenziale” significa comprendere se i prodotti e i servizi di quell’azienda potranno mai essere allineati agli Sdg delle Nazioni Unite. Detto in termini pratici, una miniera di carbone sarà sempre una miniera di carbone e quindi non potrà mai avere un impatto positivo con quel modello di business. Una società di servizi petroliferi, invece, potrebbe disporre della tecnologia necessaria per sviluppare energie pulite del futuro, come l’idrogeno; man mano che le tecnologie pulite diventeranno una parte preponderante delle vendite di quell’azienda, l’allineamento Sdg migliorerà. Cambiare ciò che fa un’impresa, a livello di prodotti e servizi, può richiedere ingenti investimenti. La capacità finanziaria è quindi un requisito fondamentale per affrontare la strada del cambiamento; ciò implica per chi produce avere una buona solidità e redditività del bilancio». 

Come fate a comprendere se un’azienda è veramente intenzionata a cambiare?

Duncan Downes: «Ci sono diversi segnali che un’azienda può lanciare e che possono aiutare a comprendere l’effettiva volontà di impegnarsi a fare di più: ad esempio, un cambio di gestione o l’azione degli shareholder. Il modo migliore, tuttavia, resta sempre il dialogo aperto: parlare e discutere del cambiamento è l’unico modo per valutare l’apertura al confronto, l’adeguatezza al raggiungimento dei nostri obiettivi di engagement e la disponibilità a rispettare parole e impegni. Se il management non è disposto a discutere gli obiettivi che mirano esplicitamente ad aiutare l’azienda stessa, quella realtà non è adatta a lavorare con noi. Clean Energy e Positive Change rappresentano quindi due strategie adatte a cavalcare il cambiamento sostenibile, selezionando quelle società che hanno la voglia e la capacità di partecipare attivamente ai miglioramenti dirompenti del futuro. La volontà di fare meglio è al centro di tutto».  

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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