Democratizzare l’intelligence

Baia Srl è un’azienda specializzata nell’offrire soluzioni tecnologiche avanzate per sostenere il business delle piccole e medie imprese nei mercati esteri. La startup innovativa, il cui nome è l’acronimo di “business artificial intellligence agency”, fa parte del Gruppo United, entità italiana con esperienza internazionale specializzata in servizi ai grandi progetti di riqualificazione urbana e caratterizzata dalla sua attenzione all’innovazione tecnologica. Nata lo scorso maggio, Baia offre strumenti di market e geointelligence basati sulle nuove tecnologie. Be Private ha incontrato Andrea Carobene, chief techonology officer e tra i fondatori della società.

Perché è nata Baia?

«La società è stata costituita con l’obiettivo di aiutare le imprese che operano e hanno filiere di approvvigionamento all’estero a ridurre i loro rischi operativi e a conoscere il mercato. Comprendere che cosa succede in un determinato contesto è fondamentale per chi gestisce un’attività, ma lo è altrettanto capire che cosa potrebbe accadere. Non abbiamo la bacchetta magica e non possiamo predire il futuro: il nostro compito consiste nel disegnare possibili scenari e ciò significa lavorare con le probabilità. Per svolgere il nostro lavoro, partiamo dai dati e, grazie all’evoluzione tecnologica dell’ultimo decennio, possiamo ottenerne una quantità consistente da disporre, organizzare, analizzare e comprendere per ottenere informazioni utili. Forniamo strumenti di geointelligence, perché in un mondo sempre più caratterizzato da volatilità, incertezza, complessità e ambiguità, le imprese si trovano di fronte alla difficoltà di orientare le proprie scelte di natura strategica, tattica e operativa. Il management aziendale necessita di informazioni aggiornate, attendibili ed elaborate in funzione di un più rapido ed efficiente processo decisionale, che permetta di mitigare i rischi legati a volatilità e incertezza, di individuare le opportunità di business e di generare competitività e profitti». 

Si potrebbe dire che fate parlare i dati…

«Esatto. Li facciamo parlare sostanzialmente attraverso una serie di strumenti che sono: la statistica, l’intelligenza artificiale, il machine learning, le reti neurali, la network analysis e gli agent based model. Utilizzare la statistica significa capire, all’interno dei dati, se ci sono ricorrenze e medie e se è possibile verificare quest’ultime all’interno di un intervallo di confidenza per appurare se si mantengono in una certa banda. Grazie alla statistica, è possibile anche identificare l’esistenza di tendenze, effettuando alcune regressioni, e trovare eventuali correlazioni, cioè capire come un fenomeno possa influenzare un altro. L’intelligenza artificiale, invece, permette di utilizzare questi metodi e di lavorare con serie che possono essere tra loro diverse, andando a evidenziare relazioni che in prima battuta non sarebbero manifeste. Inoltre, sempre grazie all’intelligenza artificiale, è possibile realizzare previsioni che tengono conto di più fattori contemporaneamente e che, quindi, risultano più attendibili».

Potrebbe fare un esempio?

«Un modello che abbiamo realizzato  riguarda la spesa media delle famiglie italiane in scarpe da uomo. Il procedimento che abbiamo seguito è stato analizzare la distribuzione della spesa delle famiglie italiane negli anni per una serie di beni, dall’abbigliamento al teatro, dall’elettricità al cibo sino a comprendere le spese voluttuarie, e mettere i dati in serie numeriche. Ciò ci ha permesso, utilizzando una piccola rete neurale, di vedere come lo spostamento di un determinato fattore andasse a influenzare, appunto, la spesa sulle scarpe da uomo. Questo modello può poi funzionare in maniera predittiva, perché, una volta realizzato, permette di indagare come queste variabili di input possano determinare gli acquisti per il futuro. Le proiezioni non vengono quindi fatte sulla base di un singolo mercato, bensì su una più ampia serie di parametri. Lo stesso modus operandi può essere utilizzato a livello di paese, per comprendere come sono intercorrelate variabili quali il Pil, il debito pubblico, l’inflazione, il tasso di disoccupazione. L’aspetto molto bello delle reti neurali, a differenza della statistica, è che i parametri sui quali si costruiscono i modelli si aggiornano sulla base dei dati di input e quindi sono in grado di fornire risposte che possono essere più performanti. Un procedimento che viene realizzato da noi, ed è una peculiarità della nostra attività, è la network analysis».

In che cosa consiste?

«In una rete ci sono alcuni nodi, che possono essere persone, società o paesi, che sono connessi tra loro. Con queste informazioni viene creata una mappa con caratteristiche matematiche, perché ogni nodo ha le sue peculiarità che vengono espresse graficamente: può essere al centro, in periferia, o fungere da collegamento tra gruppi di nodi. Una volta costruito ciò, viene modellizzata la maniera in cui il nodo trasmette un segnale nella rete, che non è un’operazione automatica, ma avviene attraverso una serie di probabilità. Per fare un esempio concreto, durante la pandemia, il rischio di contagio di una persona dipendeva da una serie di fattori la cui variazione esponeva a maggiore o minore rischio un individuo dall’infezione. Con la network analysis è possibile esaminare che cosa può accadere quando un nodo comincia a trasmettere un segnale agli altri nodi presenti nel modello».

Potrebbe menzionare un caso di studio che avete condotto?

«Abbiamo fatto un lavoro sul prezzo del grano, analizzando con i big data le sequenze dei prezzi della materia prima in Europa e studiando le relazioni tra questi andamenti, per verificare gli effetti di un incremento in uno dei paesi del continente sugli altri restanti. Sono stati poi calcolati gli indici di correlazione asimmetrici tra i vari stati ed è stato così realizzato il network del prezzo del grano in Europa. All’interno di questa rete, si può fare una serie di simulazioni e vedere come un determinato fenomeno si propaga al suo interno, tenendo presente che ogni passaggio ha un suo indice di probabilità: di conseguenza, l’operazione deve essere ripetuta più volte, utilizzando cioè il bootstrapping (un test o una metrica che utilizza il campionamento casuale con sostituzione e rientra nella più ampia classe dei metodi di ricampionamento), metodo usato nell’agent-based model, tecnica di simulazione bottom-up (dal basso verso l’alto) in cui si analizza un sistema attraverso i suoi singoli agenti che interagiscono tra loro. Il risultato ottenuto è stato una distribuzione di probabilità sul comportamento del prezzo del grano al cambiare di determinate condizioni e ciò ci ha permesso di creare diversi scenari di rischio».

È un modello quindi estremamente flessibile?

«In base alla tipologia di ricerca richiesta, può contenere molteplici informazioni che si possono ottenere anche indirettamente e che diventano molto utili nella strutturazione di un’attività economica e nel suo sviluppo. In altre parole, si possono ricavare dati funzionali alla creazione di sinergie o alla definizione di una strategia industriale. Attraverso questo modello è possibile avere riscontri di carattere qualitativo, ma anche quantitativo all’interno di differenti scenari di rischio con diversi gradi di probabilità».

Quale tipo di domanda ritenete possa esserci da parte delle imprese?

«Questo tipo di analisi dei rischi e di delineazione di scenari geopolitici e geoeconomici viene già realizzata per le grandi aziende. Baia vorrebbe “democratizzare l’intelligence” e offrire questi strumenti anche alle Pmi che vogliono conoscere i mercati esteri e i rischi a essi connessi con maggiore precisione. Per fare sì che ciò sia possibile, è necessario tenere un livello di costi accessibile a questa tipologia di imprese e lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni rende ciò fattibile. Oltre alla conoscenza di quanto avviene sul campo, le relazioni personali e le analisi dedicate, utilizziamo i big data, l’intelligenza artificiale, il machine learning e la network analisi: sono strumenti che, macinando tante informazioni, permettono di realizzare economie di scala. Abbiamo percepito, attraverso l’attività svolta dai membri fondatori di Baia, ciascuno per le proprie competenze, che le aziende hanno bisogno di informazioni qualificate e di capire dove poterle cercare. Spesso l’imprenditore ha a disposizione la propria esperienza che, per sua natura, non sempre riesce a cogliere l’interezza del contesto in cui può potenzialmente operare».

In altre parole, fornite all’imprenditore strumenti per definire la strategia aziendale?

«Forniamo alcuni strumenti in più, sinora non presenti sul mercato, che coadiuvano l’imprenditore a prendere decisioni che spettano solo a lui».

Quando parlate di intelligenza artificiale, le imprese sono aperte all’ascolto?

«Abbiamo notato che si parla molto di intelligenza artificiale, ma che viene usata poco. Forse ciò è ascrivibile a una mancanza di informazioni, che porta a nutrire timore per qualcosa che, di fatto, non è ben conosciuto. Ritengo, infatti, che sia importante capire che cosa le nuove tecnologie fanno, ma anche ciò che non fanno. Guardando al futuro, sono molto ottimista sulla potenzialità di servizi come quelli che proponiamo: l’innovazione è continua e permette di scoprire, quasi quotidianamente, funzioni che permettono di offrire nuovi servizi».

 

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Responsabile Clienti Istituzionali Fondi&Sicav

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