Esg, un tema nuovo che richiede tanta (in)formazione
Una ricerca di Credem e dell’Università Milano Bicocca
Simone D’Ippolito, Group Wealth Regulatory Business Manager (Servizio Coordinamento Wealth Management) e segretario del Comitato Sostenibilità Area Wealth del Gruppo Credem
Nell’esaminare l’argomento degli investimenti tematici, emerge la necessità di chiedersi come debba essere trattata la sostenibilità nell’ambito delle diverse soluzioni di investimento. I criteri Esg sono strumenti utilizzabili trasversalmente, indipendentemente dalla tipologia di prodotto, o costituiscono di per sé un tema d’investimento?
«I criteri di sostenibilità devono essere considerati, in primis, strumenti che si affiancano alle classiche metriche finanziarie, con le quali si integrano. Essi contraddistinguono le diverse strategie con vari gradi di intensità o, come mi piace definirla, “Esgitudine”. Nello stesso tempo, la focalizzazione di un prodotto sulla promozione di caratteristiche ambientali e sociali o sul perseguimento di specifici obiettivi di investimenti sostenibili rappresenta un tema “differenziale” rispetto ad altre tipologie di prodotti. In questo ambito la categorizzazione dei prodotti introdotti dalla Sfdr (art. 6, art. 8, art. 9) ha determinato, di fatto, un’etichetta di prodotto, sebbene non fosse questo l’obiettivo prioritario del regolatore. In sintesi, i criteri Esg di sostenibilità rappresentano, sia una metodologia di valutazione quali/quantitativa della nuova grandezza dei “fattori di sostenibilità”, che si aggiunge ai fattori di rischio finanziari (rischio mercato, credito, complessità…), sia un tema di investimento che sempre più farà parte delle caratteristiche ordinarie della gamma prodotti».
I criteri Esg comprendono tre segmenti distinti, ma tra loro strettamente connessi. Quali ritiene che siano le dinamiche che legano ambiente, società e governance?
«La nostra adozione dei criteri Esg accoglie pienamente l’approccio e i principi introdotti dalla Commissione Europea. Ci sono gli obiettivi o le caratteristiche ambientali e sociali da perseguire e di per sé questi due fattori sono quelli rilevanti e significativi per promuovere le caratteristiche Esg di un prodotto o un servizio. Nello stesso tempo, però, esiste anche il terzo della governance, che costituisce l’elemento trasversale della buona gestione di un’impresa, perché rappresenta un aspetto imprescindibile per qualsiasi decisione di carattere aziendale. La governance è l’insieme degli strumenti, delle regole, delle relazioni e dei processi finalizzati a una corretta conduzione di un’attività imprenditoriale: è il cancello di ingresso per realizzare politiche e strategie legate a un modello di business, una caratteristica intrinseca che tutte le aziende devono avere, a maggior ragione se vi è l’obiettivo di promuovere la sostenibilità. Penso che, per quanto possa sembrare scontata, questa riflessione abbia una sua rilevanza nel ribadire il ruolo determinante di indirizzo della governance, che non può essere trascurato. E anche la stessa Commissione Europea sottolinea che il buon governo d’azienda è condicio sine qua non perché un prodotto finanziario possa essere classificato come articolo 8 o 9».
Perché avete deciso di partecipare a questa ricerca dell’Università Bicocca sugli elementi che spingono i risparmiatori a investire in prodotti Esg?
«Abbiamo deciso di aderire al progetto che tocca una serie di tematiche non ancora studiate attentamente, ma decisamente interessanti per un Gruppo come il nostro, soprattutto per quanto riguarda la nostra attività di private banking. La ricerca espone alcuni risultati di carattere qualitativo e, in quanto tale, ha in sé diversi aspetti innovativi. Interrogarsi sulla felicità e sulla soddisfazione finanziaria dei clienti non è un quesito banale, soprattutto perché aiuta a capire le dinamiche che sottendono alle decisioni dei risparmiatori. È servito a cogliere e comprendere i tratti comportamentali, sia dal lato del consulente, sia da quello del cliente, per intendere quale sia la ragione per cui si decide di sottoscrivere prodotti con politiche di investimento sostenibili. La valutazione degli strumenti finanziari è sempre stata effettuata prioritariamente in termini di performance e rendimento, mentre questa ricerca offre un tassello aggiuntivo su come le persone ritengano di potere incidere su scelte che sono anche di natura valoriale. Emerge, infatti, che la soddisfazione del cliente è composta da più aspetti, tra i quali c’è il fatto di essere parte attiva di un cambiamento».
I risultati della ricerca vi hanno sorpresi?
«I risultati hanno dato conferma dell’importanza dei temi legati alla sostenibilità, ma ci hanno offerto anche alcune sorprese. La prima è stata apprendere che il cliente, come dicevo poc’anzi, non ricerca solo la performance, ma anche una soddisfazione e una gratificazione personale nell’investire in prodotti sostenibili. E non credo neppure che esista una contrapposizione netta tra perseguimento della sostenibilità e ricerca di rendimento. Infatti, se guardiamo alla profonda correzione dei mercati che si è verificata dal marzo 2020, i titoli con un migliore punteggio Esg sono stati quelli che hanno mostrato maggiore resilienza e, quindi, hanno registrato minori perdite. Possiamo perciò affermare che la caratteristica di sostenibilità di un prodotto può essere considerata un elemento rafforzativo, quando si fa una scelta di investimento. La seconda sorpresa è stata il calo del livello di soddisfazione dell’investitore dopo avere deciso di sottoscrivere una strategia sostenibile. Questo aspetto ha rivelato quanto sia importante mantenere viva l’attenzione sulla scelta compiuta attraverso un’attività di informazione e di rendicontazione da parte del gestore e attraverso il consulente finanziario sugli impatti di sostenibilità degli investimenti: il tutto allo scopo di mantenere alto il livello di soddisfazione iniziale. Un altro aspetto positivo che emerge dalla ricerca è la buona propensione dei financial advisor a consigliare prodotti sostenibili, dei quali confermano l’importanza. Essi svolgono un ruolo centrale, a maggior ragione quando il cliente non ha strumenti sufficienti sul tema Esg, a guidare le decisioni d’investimento; ciò mostra l’importanza di avere la formazione e le competenze adeguate nel proporre le diverse soluzioni. Devo aggiungere che, in merito a quest’ultima considerazione, il messaggio che ne abbiamo tratto, come gruppo bancario, è il ruolo decisivo che i percorsi formativi sempre più dovranno dedicare ai temi della sostenibilità».
Non ritiene che il tema della sostenibilità richieda ulteriori chiarimenti, soprattutto sulle modalità con le quali a un prodotto sono attribuite determinate caratteristiche?
«La sostenibilità è un tema relativamente nuovo e ritengo che abbia bisogno di pazienza affinché si possa consolidare. Ci vorrà ancora tempo perché ci sia un processo di valutazione degli emittenti sul tema della sostenibilità stabile e robusto, basato su informazioni affidabili e generalmente riconosciuto e condiviso. Abbiamo visto, quando sono nate le agenzie di merito creditizio, il lasso di tempo che è intercorso perché queste ultime venissero accolte dal mercato come un punto di riferimento e con metodologie riconosciute. La sostenibilità è ancora ai nastri di partenza e occorre costruire un rapporto fiduciario tra i vari soggetti coinvolti che richiederà anni: siamo solo agli inizi dei lavori, sia da parte dei regulator (Commissione Europea ed Esma), sia dell’industria finanziaria. È un percorso evolutivo da percorrere tutti insieme in un orizzonte di medio-lungo periodo. Non escludo, inoltre, che in futuro sarà introdotto anche un regime di vigilanza sui vari soggetti e info-provider che emettono le valutazioni di sostenibilità tramite rating o scoring Esg: il dibattito è tuttora aperto. Penso anche che nello stesso tempo assisteremo in ogni caso all’adozione di metodologie di valutazione più raffinata, che incorporerà anche tutti i nuovi principi regolamentari introdotti dalla Sfdr e dalla Taxonomy. Mi aspetto, quindi, da questo punto di vista, un miglioramento progressivo dei processi che regolano la sostenibilità e dei risultati da essi prodotti. Nel frattempo si deve operare un continuo percorso di vicinanza al cliente finale, affinché comprenda le ragioni per sposare la causa della sostenibilità».
Dalla ricerca avete quindi tratto anche spunti per ricadute operative?
«Direi di sì e, soprattutto, sull’importanza di continuare a lavorare per modelli di servizio che colgano le necessità dei risparmiatori, di conoscere, di essere informati e aggiornati. Abbiamo integrato il questionario Mifid per raccogliere anche le preferenze di sostenibilità della clientela, privilegiando un approccio semplice e comprensibile, che faciliti la relazione con il cliente su questi temi. Nello stesso tempo, stiamo lavorando per integrare il fattore di sostenibilità, inteso come ulteriore indicatore di qualità dei portafogli della clientela, nel modello di consulenza, e relativa piattaforma, e nelle logiche di adeguatezza».
Qual è il vostro impegno per il futuro nel garantire una linea di prodotti che soddisfino le esigenze della clientela?
«Noi crediamo nella sostenibilità e da oltre due anni abbiamo avviato alcune specifiche attività progettuali per integrare, in maniera seria e strutturata, i processi di investimento con i fattori di sostenibilità. Il nostro compito è cogliere le esigenze dei nostri clienti e le indicazioni che emergono mostrano un concreto interesse nei confronti di decisioni di investimento che incorporino i criteri Esg. È quindi fondamentale continuare a offrire una gamma di prodotti adeguata, che sappia rispondere anche a questi bisogni ed esigenze, che prevediamo in crescita. Questa è una delle ragioni per cui stiamo lavorando, anche allo scopo di rafforzare sia la gamma di prodotti Oicr, la gestione di portafogli e i prodotti di investimento assicurativi, sia la piattaforma di consulenza».