Il duello dei giganti
Stéphane Vacher, Responsabile comunicazione Credem Euromobiliare Private Banking
Nel 1989 Francis Fukuyama profetizzò l’imminente “fine della storia” riferendosi al fatto che, dopo il crollo del comunismo sovietico e la fine della Guerra fredda, la democrazia liberale e il capitalismo sarebbero stati destinati a pervadere, gradualmente, tutte le nazioni del pianeta.
A poco più di trent’anni di questa seducente quanto debole teoria, possiamo dire che la storia si è presa una bella vendetta: con la guerra del Golfo, prima, che segnò l’apice delle tensioni tra il mondo occidentale e una parte radicalizzata del mondo arabo, con l’affermazione di un mondo bipolare o multipolare, poi, dove il modello di sviluppo “made in Usa” si è rivelato molto meno esportabile o universale di quanto ipotizzato, ingenuamente, allora.
Rivincita della storia, quindi, che nel tempo ha sempre visto modelli culturali, politici ed economici alternarsi ed entrare in conflitto tra loro: persiani, egizi, greci, romani, cinesi, europei hanno tutti avuto il loro periodo di predominio spesso caratterizzato da un rapporto conflittuale o di sfruttamento con il resto dell’umanità.
Dalla fine del ‘800 gli Stati Uniti hanno rappresentato per antonomasia il faro e il baricentro del dominio di un occidente liberale, democratico e capitalista, con il solo contrasto, parziale e temporaneo, del blocco sovietico. Parte emersa dell’iceberg. Ma, sotto, stavano già da tempo lavorando forze opposte che oggi trovano nella Cina comunista il loro naturale punto di cristallizzazione.
Certo, si potrebbe obiettare che la Cina stessa viaggia ormai da decenni verso una sempre maggiore integrazione con l’economia globale e partecipa più che attivamente alla competizione di mercato. Ma sarebbe illusorio immaginare che rappresenti soltanto un’alternativa di facciata al modello occidentale di cui contesta, sempre più apertamente, l’egemonia culturale, politica e diplomatica.
Si stanno creando nuove geografie, nuove rotte e nuovi luoghi di contrasto che, per chi investe, rappresentano altrettante opportunità, ma anche insidie. Stiamo assistendo a una transizione lenta, anche se certa, verso un mondo “China driven” o la forza dell’occidente è ancora tale da rappresentare un magnete ideologico e culturale ancora potente per i prossimi decenni? Quale ruolo può avere l’Europa, schiacciata tra i due colossi e spesso più impegnata a risolvere conflitti interni che non a interrogarsi sull’eventuale esistenza di un “modello europeo”? La tecnologia rappresenterà un fattore di ammorbidimento delle tensioni o, al contrario, una nuova arena conflittuale? Come si comporteranno i paesi una volta classificati come “non allineati”, ma che rappresentano oggi una fetta importante della popolazione, del Pil e delle risorse mondiali, India in primis?
Siamo partiti da queste domande per il nuovo numero del nostro magazine Be Private. Confrontandoci con esperti di Stati Uniti e di Cina, abbiamo incrociato risposte non univoche che abbiamo voluto rappresentare in tutta la loro complessità. Sicuramente il “duello dei giganti” costituisce la più importante linea di demarcazione per il potenziale dei nostri investimenti. Come sempre, crediamo che dalla consapevolezza dei nostri clienti possano nascere rapporti più trasparenti e durevoli e che soltanto una consulenza informata e di qualità possa rappresentare il modo migliore per navigare in una complessità crescente.