Mezzo secolo di storia nel mondo dei profumi
Creare profumi di eccellenza è un’arte che nasce da un solido know-how. Lo dimostra la storia della famiglia Martone, proprietaria di Icr Industrie Cosmetiche Riunite, che da 50 anni ha costruito sulla produzione di profumi di alta gamma una competenza esclusiva. È una storia di successo, che Ambra Martone, rappresentante della terza generazione e attualmente vicepresidente di Icr e co-fondatrice di LabSolue, ha raccontato a Be Private.
La vostra è un’impresa di famiglia che è giunta alla terza generazione. Quali sono le sue radici?
«Le radici della nostra impresa risalgono agli anni ’40, quando Vincenzo Martone, mio nonno, fondò Marvin, azienda farmaceutica specializzata nella produzione di antibiotici. Guidato da un forte spirito di innovazione, già nel dopoguerra, decise di affiancare alla produzione di farmaci la lavorazione cosmetica, sollevando non poche perplessità all’interno di un settore che considerava questa commistione poco ortodossa. La scelta, però, risultò vincente, sia da un punto di vista commerciale, sia per i riconoscimenti ottenuti, tanto che nel 1969 gli venne attribuito l’Oscar per la cosmetologia. Sei anni più tardi, mio padre, Roberto Martone, gli succedette alla guida dell’azienda e da quel momento si aprì un nuovo capitolo della nostra storia con la fondazione di Icr Industrie Cosmetiche Riunite, che assorbì Marvin. Strutturata per fornire tutte le fasi dello sviluppo del prodotto, dalla creazione alla distribuzione in tutto il mondo offrendo i più alti standard del settore, nacque dall’intuizione di creare profumi di lusso per i marchi più prestigiosi di moda italiani. È indubbio che la competenza in ambito farmaceutico e il metodo scientifico adottato permisero a Icr di avere un carattere distintivo nella creazione e produzione di nuove fragranze. Nel 1987, grazie alla forte espansione dell’attività, la sede venne trasferita da Milano a Lodi per ampliare stabilimento e magazzini. Una parte dell’ex fabbrica di profumi venne trasformata subito in Magna Pars Event Space, una delle location per eventi più prestigiose di Milano».
Cosa spinse suo padre a prendere quella decisione?
«Decise di specializzarsi sulle fragranze, già presenti in azienda insieme alla divisione skincare e make-up, spinto da un’idea molto chiara. Si era alla metà degli anni ’70, quando fu registrato il grande successo a livello internazionale degli stilisti italiani, che cominciavano ad affermarsi accanto ai colleghi francesi. Nessuno di loro, però, aveva una produzione di profumi italiana: allora si rivolgevano alla Francia, quasi vergognandosi di affermare che le loro fragranze fossero realizzate nel nostro Paese cui, allora, non era riconosciuta alcuna qualità nel campo. Mio padre riuscì a riempire questo vuoto con l’obiettivo di creare profumi di eccellenza che conferissero all’Italia un ruolo importante anche in questo ambito. Erano gli anni in cui si assisteva al boom del “made in Italy” nella moda, nel design e nel cibo e, con la sua caparbietà e spirito imprenditoriale, bussò alle porte degli stilisti emergenti dell’epoca, proponendo loro la propria capacità e le proprie unità produttive per creare profumi di qualità in loco».
Suo padre, Roberto Martone, ebbe quindi un’intuizione di successo…
«Indubbiamente. Dal 1980 al 2000 Icr firmò contratti di esclusiva mondiale per ricerca e sviluppo, produzione e logistica con innumerevoli marchi di prestigio: Asprey, Bulgari, Custo Barcelona, Emanuel Ungaro, Extè, Gai Mattiolo, Roberto Cavalli, Salvatore Ferragamo, Tiffany. Nel 2002 venne costituita Itf, acronimo di Italian Fragrances, con la mission di gestire i rapporti di licenza con il mondo della moda e del lusso nel settore della profumeria. Nel 2015 Icr decise di cedere l’intero capitale di Itf al gruppo Angelini, continuando a curare in esclusiva la parte industriale di sviluppo prodotto, produzione, confezionamento e logistica di tutti i marchi licenziati».
L’amore per il profumo vi portò poi a realizzare il primo “Hotel à Parfum” nel mondo, Magna Pars.
«Avvenne nel 2013, quando si trasformarono alcuni locali della ex fabbrica di profumi a Milano in un lussuoso hotel a cinque stelle, Magna Pars l’Hotel à Parfum, con le sue 68 suite, una diversa dall’altra, che si ispirano ad altrettanti differenti note olfattive. L’hotel è anche lo scrigno che custodisce l’eredità del brand Marvin: si tratta del Perfume Laboratory LabSolue, il laboratorio che mia sorella Giorgia e io abbiamo fortemente voluto come omaggio alle origini farmaceutiche dell’impresa e alla passione per il lavoro di nonno Vincenzo, ma è stata anche una chiara scelta imprenditoriale: lavoriamo con molti marchi, abbiamo solide collaborazioni e il futuro può aprire nuove dinamiche di mercato. In LabSolue, nome di fantasia composto da “laboratorio” e “assoluta”, abbiamo voluto concretizzare tutta la storia e la passione del know-how di famiglia in un marchio che rimanesse nostro: noi amiamo il nostro lavoro e ci appassiona collaborare con i grandi brand per realizzare fragranze, ma avevamo il desiderio di realizzare un prodotto che ci appartenesse in toto».
La vostra azienda è nata ove ora sorge Magna Pars e qui è ritornata?
«Magna Pars rappresenta non solo il punto di partenza della nostra storia, ma è anche il motore della creatività aziendale, dove è stato appunto creato LabSolue, e che raffigura concretamente l’amore, la passione e il nostro animo imprenditoriale».
Lei è laureata in economia e management per l’arte, la cultura e la comunicazione. Quando è entrata in azienda?
«È avvenuto dopo un’importante esperienza professionale all’estero in multinazionali. Una volta laureata, andai a New York per cominciare uno stage che fu l’inizio di un percorso di carriera di quasi cinque anni in una grande azienda di produzione di essenze. La scelta del settore non fu casuale, perché ho sempre avuto la volontà di fare esperienze nel mondo del profumo presso grandi maestri a livello internazionale. Qui imparai più in profondità le diverse fasi di sviluppo di una fragranza, affiancando quelli che noi chiamiamo i “nasi”, ossia i creatori di profumi, per sviluppare prodotti da lanciare in particolare sul mercato americano. Mi trasferii poi a Ginevra, dove lavorai sempre nella catena di fornitura dei profumi per Procter&Gamble per quasi sei anni, occupandomi nello specifico di marketing delle licenze di profumi di grandi marchi. Dopo 11 anni di attività fuori dall’Italia, sono entrata nell’azienda di famiglia».
Oltre un decennio di esperienza in diverse aziende è un periodo importante. Come lo ha vissuto?
«È stata una fondamentale crescita professionale che mi ha insegnato molto: ho imparato a lavorare per grandi gruppi, famosi anche per prestare molta attenzione alla formazione del personale, e a conoscere le dinamiche all’interno di una realtà internazionale. Mi ha formato, mi ha dato sicurezza, perché sono riuscita a fare carriera indipendentemente dall’azienda di famiglia e ciò mi ha permesso di entrare in Icr portando subito un mio contributo fattivo».
Come è avvenuto il passaggio generazionale?
«Si è trattato di un percorso molto naturale, perché siamo una famiglia molto unita e semplice, dove dare il buon esempio è considerato un valore. In azienda era già presente mia sorella, che aveva condotto un percorso diverso, ma ciò non ha mai creato problemi grazie alla complementarietà dei ruoli ricoperti che ci ha permesso di suddividerci le attività in totale accordo, conoscendo i punti di forza di ciascuna di noi: la presenza di entrambe nella società è sempre stata vissuta come una ricchezza e non un motivo di conflitto».
Quindi tutto è avvenuto senza grandi ostacoli?
«In modo molto fluido, direi. Non abbiamo mai avuto dubbi che il nostro futuro sarebbe stato nell’azienda di famiglia per portarne avanti la tradizione: mia sorella lo ha voluto fare da subito, mentre io ho preferito misurarmi anche all’interno di altre realtà all’estero. Quando sono rientrata in Italia, tutti mi aspettavano, non è stata una sorpresa perché, per quanto fisicamente distanti, siamo sempre stati molto vicini».
Come vivono più generazioni all’interno della stessa azienda di famiglia?
«Nel nostro caso è un’esperienza positiva. Mio padre è molto contento di avermi al suo fianco ed è una sensazione tangibile nei suoi comportamenti e nel suo atteggiamento: vuole lasciare qualcosa per me e per i nipoti, costruire per il futuro come ha sempre fatto. Siamo in grande sintonia e il confronto è sempre aperto. C’è, inoltre, un grande rispetto reciproco che si traduce in un equilibrio nelle relazioni, dove il rapporto gerarchico non è soverchiante e dove a ciascuno viene lasciato il proprio spazio di azione. Anzi, devo dire che, per quanto mi riguarda, mio padre mi coinvolge sempre nelle decisioni aziendali, riconoscendomi professionalità e competenza. Penso che la natura dei legami che si sono creati all’interno della nostra famiglia sia una garanzia di continuità anche dell’impresa».
Quali cariche attualmente ricopre?
«Sono vice-presidente di Icr e co-fondatrice di LabSolue. Inoltre, ricopro due cariche associative istituzionali: vice-presidente di Cosmetiche Italia, associazione nazionale di tutte le imprese cosmetiche, che fa parte di Confindustria e Federchimica, e sono presidente di Accademia del Profumo, un’iniziativa che raggruppa tutta la filiera della profumeria in Italia, con una missione culturale ed educativa».
Qual è la forza della vostra impresa?
«È stato mio padre ad avere una visione chiara della nostra impresa. Al nonno Vincenzo, persona fortemente creativa che diversificò l’attività farmaceutica nel settore dei cosmetici, dobbiamo l’inizio dell’impresa, ma è stato Roberto che ha condotto l’azienda al successo. Penso che il punto di forza sia stata l’educazione familiare: la concezione di una famiglia borghese che crede nel lavoro come mezzo per nobilitare la persona e che diventa una passione e non un’incombenza quotidiana. Mio padre, a 77 anni, ogni giorno è il primo a essere in azienda, l’ultimo a uscire e continua a divertirsi molto nel ricoprire il proprio ruolo: è stato, per me e mia sorella, un esempio da seguire e continua a esserlo. È grazie a lui che la nostra entrata in società è avvenuta, come ho già avuto modo di rimarcare, in modo naturale: ci ha insegnato ad amare il lavoro, a essere ottimiste e ad avere coraggio. Nell’attività si reinveste tutto: non si lavora per produrre denaro, ma per creare valore. Il successo poi può arrivare, ma non è il motore che guida il tutto».
Amate rimarcare che siete un’azienda di famiglia e non familistica. Perché?
«Azienda di famiglia non significa ricadere in quella trappola che a volte caratterizza le piccole attività familiari, in cui finiscono per lavorare tutti i parenti indipendentemente dalla loro professionalità. Gestire un’azienda di famiglia vuole dire avere valori guida molto chiari, scegliere un solido management e circondarsi di talenti per portare avanti un lavoro che, nel nostro caso, ci permette di collaborare con i più grandi gruppi del lusso a livello internazionale. Ciò non sarebbe possibile in un’impresa familistica. Noi cerchiamo il massimo della qualità, sia a livello di risorse umane, sia di relazioni, mantenendo un aspetto umano e di cura personale (uno degli ingredienti del successo di Icr) con una struttura professionale. Nella nostra impresa, mio padre è presidente, io sono vice-presidente e il resto dei manager è costituito da professionisti esterni alla famiglia».
Considerate la bellezza un valore sociale e culturale. È un altro dei valori che fanno da collante alla vostra azienda?
«Crediamo che la bellezza sia un valore sociale, perché significa sentirsi bene con se stessi e stare bene con gli altri. Fondamentalmente, siamo convinti che il profumo e il cosmetico in generale siano alleati importanti nel raggiungere ciò: c’è una sfera emozionale, esperienziale di memoria olfattiva che aiuta a migliorare le vite di ciascuno di noi e a stare con le persone. In generale, la bellezza, nella sua interezza, fa stare bene gli esseri umani ed è un valore universale che, per ciascuno con la propria sensibilità, è un aiuto nella vita».
Qual è la visione futura del business di Ambra Martone?
«Vorrei continuare a investire, come stiamo facendo, in Icr per sostenere i grandi brand del lusso e sviluppare il nostro marchio. Sono due leve che l’azienda ha a disposizione per crescere e sono tra loro complementari, perché hanno target diversi. Con LabSolue, infatti, la mia idea è di un’espansione in tutto il mondo, ma rispettando il posizionamento artistico-artigianale: mi immagino un prodotto di altissima gamma e molto selettivo, con pochi punti vendita. Dall’altro lato, Icr continuerà la sua produzione di grandi numeri, sempre a livello prestige e lusso, ma con una diffusione più capillare».
E come presidente dell’Accademia del profumo?
«Per me è stato un onore essere nominata ed è anche un onere perché ho voluto apportare diversi cambiamenti all’interno di questa iniziativa storica; sono molto soddisfatta dei risultati ottenuti in circa sei anni. Attualmente, sono all’ultimo anno del mio secondo e ultimo mandato. È anche questo un ruolo che mi è venuto naturale ricoprire, perché il profumo è nel mio nome, è la mia passione. Continuerò comunque a essere un’ambasciatrice delle fragranze nel mondo».