Sapere e potere invecchiare bene
L’età media della popolazione si sta innalzando e non solo all’interno delle economie avanzate. Trovare un giusto equilibrio tra invecchiamento e stili di vita è un impegno che deve essere assunto dai vari soggetti coinvolti, affinché sia possibile mantenere buone condizioni di salute con il prolungarsi della propria esistenza. Be Private ne ha discusso con Antonella Viola, immunologa, professoressa ordinaria di patologia generale presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova e socia dell’Istituto Veneto delle Scienze e delle Arti. Viola ha lavorato anche come direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica (Irp-Città della Speranza) e si occupa attivamente di divulgazione scientifica.
Il mondo (perlomeno in Europa, Usa, Giappone) sta invecchiando e il tema della longevity sta diventando sempre più centrale. Può fare una panoramica su che cosa comporta tutto ciò e come la scienza si sta attrezzando per approcciare questa nuova sfida?
«Il mondo sta affrontando un significativo invecchiamento della popolazione, soprattutto nei paesi sviluppati come Europa, Stati Uniti e Giappone. Nel 2018, per la prima volta nella storia, il numero di persone con più di 65 anni ha superato quello dei bambini sotto i 5 anni. Questo cambiamento demografico pone sfide su vari fronti, in particolare sul piano sanitario ed economico. L’invecchiamento comporta un aumento delle malattie croniche, poiché molte persone anziane convivono con patologie che richiedono cure mediche continue. Ciò porta a una maggiore pressione sui sistemi sanitari, che devono gestire un numero crescente di pazienti con esigenze complesse. La longevità si accompagna spesso a decenni di vita in condizioni di salute compromessa e ciò richiede una sanità in grado di affrontare malattie croniche e fragilità. In Italia, ad esempio, l’età media è di circa 48 anni, con oltre la metà degli anziani che soffre di almeno tre patologie croniche. Questa situazione comporta una sfida economica: i sistemi pensionistici e sanitari sono messi sotto pressione e l’aumento dei costi associati alle cure mediche non sempre è accompagnato da un adeguato aumento della spesa pubblica. Il risultato è un rischio di sostenibilità per i sistemi sanitari nazionali, con una domanda di cure che supera gli investimenti disponibili. La scienza sta cercando soluzioni innovative per affrontare queste sfide attraverso diversi approcci, che vanno dalla prevenzione alla ricerca di farmaci o terapie anti-invecchiamento. I ricercatori stanno esplorando l’uso di farmaci che eliminano le cellule senescenti, quelle cellule “vecchie” che contribuiscono all’infiammazione cronica e al deterioramento dei tessuti. Questi farmaci hanno mostrato risultati promettenti nei modelli animali, allungando la vita e migliorando la salute senza effetti collaterali significativi. Per eliminare le cellule senescenti si sta anche pensando di sfruttare le terapie Cart-T, già utilizzate con successo in oncologia per riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Ma sono trattamenti molto complessi, costosissimi e non privi di rischi. In generale direi che, al momento, la scienza più solida è quella che guarda agli stili di vita: oggi sappiamo che l’invecchiamento patologico è legato all’infiammazione cronica silente e possiamo quindi prevenirla. Bisogna perciò prepararsi ad affrontare la sfida della longevità non solo con investimenti in tecnologia e ricerca medica, ma anche attraverso la promozione di politiche di prevenzione.Tuttavia, per evitare che il carico sanitario diventi insostenibile, sarà necessario un impegno costante a livello politico e sociale, mirato a ridurre le disuguaglianze e a garantire a tutti l’accesso a cure di qualità».
Gli anziani non sono più quelli di una volta, sia per come arrivano alla vecchiaia, sia per lo stile di vita e le esigenze di benessere che manifestano. Che cosa ci può raccontare su questo tema?
«Gli anziani di oggi sono più consapevoli, attivi e coinvolti, e la loro visione della vecchiaia è radicalmente diversa da quella delle generazioni precedenti. Invecchiare non è più visto solo come un processo inevitabile di declino, ma anche come una fase della vita in cui è possibile mantenere qualità, attività e benessere. Tuttavia, questo cambiamento comporta la necessità di riformare i servizi sanitari, sociali e culturali per supportare una popolazione sempre più longeva e dinamica.
Un secolo fa, l’invecchiamento era spesso accompagnato da una serie di malattie debilitanti che iniziavano a manifestarsi presto. Grazie ai progressi della medicina, le persone non solo vivono più a lungo, ma arrivano anche alla vecchiaia in condizioni di salute relativamente migliori. I centenari, ad esempio, mostrano un’incidenza sorprendentemente bassa di patologie gravi come il cancro e le malattie cardiovascolari, e spesso mantengono una buona salute fisica e mentale fino a tardi nella vita. Il segreto di questo miglioramento non è solo genetico, ma è legato anche a fattori ambientali e stili di vita. Gli anziani di oggi sono più attenti alla loro salute: molti praticano attività fisica, seguono diete più equilibrate e sono più consapevoli dell’importanza della prevenzione. Inoltre, trattamenti innovativi e cure mediche più efficaci consentono di convivere meglio con malattie croniche, mantenendo un elevato livello di benessere. Un cambiamento significativo riguarda anche la vita sociale e lavorativa. Sempre più spesso, gli over 65 continuano a lavorare, a prendere parte alla vita sociale e culturale e a viaggiare. Molti anziani cercano esperienze di crescita personale, come partecipare a corsi, imparare nuove abilità o dedicarsi al volontariato. L’idea tradizionale dell’anziano che si ritira in casa e conduce una vita tranquilla è stata superata. Gli anziani di oggi sono più attivi e desiderosi di mantenere una vita piena di stimoli. E ciò ha importanti conseguenze sulla salute, sia del corpo, sia del cervello. Il concetto di invecchiamento è quindi diventato più flessibile e molti di coloro avanti con gli anni si sentono ancora giovani, sfidando gli stereotipi tradizionali. Questo cambiamento porta però con sé anche nuove esigenze di benessere. Oltre alla salute fisica, c’è una crescente domanda di supporto per la salute mentale e l’equilibrio emotivo. Le persone vogliono invecchiare bene, non solo vivere più a lungo, e per questa ragione c’è la necessità di investimenti in nuovi servizi sanitari e sociali per rispondere a queste esigenze emergenti. Le politiche sanitarie devono adattarsi a una popolazione le cui aspettative di vita aumentano, ma con esigenze diverse rispetto a qualche decennio fa. Ciò significa ripensare la medicina geriatrica, creare strutture di supporto per anziani in buona salute, ma con bisogni specifici, e potenziare la medicina preventiva».
Può dare consigli sui tre comportamenti virtuosi e i tre dannosi per affrontare l’invecchiamento?
«La regola d’oro è dormire sette o otto ore per notte. Il sonno è spesso sottovalutato, ma è una delle attività più importanti per mantenersi in salute e prevenire l’invecchiamento. Dormire bene non è un lusso, ma una necessità biologica che influisce su numerosi processi vitali, tra i quali la riparazione cellulare, il consolidamento della memoria e il funzionamento del sistema immunitario. Ogni notte, mentre dormiamo, il corpo esegue una serie di operazioni fondamentali per mantenere il nostro benessere. Nel sonno il corpo ripara i danni accumulati durante il giorno, favorendo il rinnovamento dei tessuti e delle cellule. Ciò è fondamentale per mantenere la pelle, i muscoli e gli organi in buona salute, rallentando i segni dell’invecchiamento. Un altro processo critico è il consolidamento della memoria, che non si limita solo a quella del cervello, ma include anche quella immunologica. Mentre si dorme, il nostro sistema immunitario memorizza le informazioni necessarie per difendersi meglio da virus e batteri. È questa la ragione per cui la mancanza di sonno è collegata a una maggiore suscettibilità alle infezioni. Dormire meno di quanto il nostro corpo richieda può accelerare il processo di invecchiamento e compromettere la salute a lungo termine. La questione è che, con l’età, i problemi legati al sonno diventano più frequenti. Si stima che tra il 40% e il 70% degli anziani soffra di disturbi del sonno, come il risveglio frequente durante la notte o difficoltà ad addormentarsi. Questi fenomeni peggiorano la loro qualità di vita e contribuiscono all’insorgenza di malattie croniche».
Quali sono gli altri due comportamenti virtuosi?
«Un altro tema fondamentale è l’alimentazione. Se ne parla tantissimo e spesso con informazioni contrastanti, ma sappiamo con certezza che mantenere il giusto peso corporeo e basare la propria alimentazione sui principi della dieta mediterranea contribuisce a tenere sotto controllo l’infiammazione e ritardare l’invecchiamento. Così come è importante cercare di ridurre la finestra temporale dedicata alla nutrizione o, in termini più semplici, digiunare 12 ore ogni giorno, seguendo le regole dell’alimentazione circadiana. Attenzione però: le 12 ore di digiuno devono essere quelle della sera e della notte perché digiunare di giorno e consumare un unico abbondante pasto tardi la sera è deleterio per la nostra salute. Il terzo comportamento virtuoso è l’attività fisica, moderata e costante, alternando attività aerobica a esercizi che aiutino a mantenere la forza muscolare».
E che cosa evitare?
«Per quanto riguarda i comportamenti da evitare, direi il fumo, che accelera l’invecchiamento, il consumo regolare di bevande alcoliche o zuccherate, che infiammano, e l’isolamento sociale, che sembra sia una causa di infiammazione cronica».
L’Italia è, assieme al Giappone, uno dei paesi più longevi. Perché? Qual è il segreto di longevità degli italiani?
«L’Italia è in effetti uno dei paesi con la popolazione più longeva al mondo. Questo fenomeno non è frutto del caso, ma il risultato di una combinazione di fattori che contribuiscono alla salute e alla longevità. Le ragioni principali si possono individuare in due ambiti fondamentali: la qualità del sistema sanitario pubblico e lo stile di vita tipico del nostro Paese. Il Servizio Sanitario Nazionale, nonostante le difficoltà economiche e le sfide demografiche, garantisce un accesso relativamente universale a cure mediche di alta qualità. Di conseguenza, una grande fetta della popolazione può accedere a servizi preventivi, diagnosi precoci e trattamenti adeguati, indipendentemente dal reddito. Il sistema sanitario italiano è particolarmente forte nella gestione delle malattie croniche, che sono tra le principali cause di morte nelle popolazioni più anziane. Inoltre, la rete di medici di famiglia e la cultura della medicina di base aiutano a mantenere una buona salute nel corso della vita, grazie a controlli regolari e alla prevenzione. Ma l’altro segreto della longevità degli italiani è lo stile di vita, che incorpora una serie di abitudini salutari radicate nella tradizione. Uno dei punti chiave è la famosa dieta mediterranea, riconosciuta a livello globale per i suoi benefici sulla salute. Nel nostro Paese si tende a consumare cibi freschi e di stagione e la nostra dieta è ricca di frutta, verdura, pesce, cereali integrali e olio d’oliva, che hanno una potente azione anti-infiammatoria. Sebbene non si possa parlare di un’attività fisica intensa diffusa tra gli anziani, l’Italia ha una tradizione di movimento moderato legato alla vita quotidiana. Le camminate, sia in città, sia nelle aree rurali, fanno parte della routine di molte persone e ciò contribuisce a mantenere il corpo attivo e in salute, prevenendo malattie legate alla sedentarietà.Infine, c’è un altro fattore cruciale rappresentato dalla forte dimensione sociale e familiare presente in Italia. Gli italiani tendono a mantenere legami stretti con la famiglia e gli amici e l’interazione sociale costante ha un impatto positivo sul benessere mentale e fisico. Questa sinergia di fattori ci ha permesso di vivere più a lungo, in salute, e fornisce un modello prezioso per altri Paesi che si trovano ad affrontare sfide simili in termini di invecchiamento della popolazione».