Sempre più telemedicina
Brunello Gorini è un medico di famiglia e svolge la sua professione da 40 anni. Ha abbracciato in toto lo spirito di servizio che è un elemento distintivo della sua professione e, nel fare ciò, insieme ad altri colleghi, ha introdotto una serie di innovazioni tecnologiche nella medicina territoriale. La salute è un tema importante e la pandemia ha fatto emergere, con maggiore vigore, la necessità di offrire servizi adeguati e avanzati, per rispondere in modo sempre più efficace ai bisogni dei pazienti. Be Private ha raccolto l’esperienza di Brunello Gorini.
La necessità di migliorare i servizi offerti tocca anche l’ambito dell’assistenza sanitaria, in particolare la medicina territoriale. Come è cambiata la modalità di svolgere la sua professione negli anni?
«Ci sono stati diversi cambiamenti, legati alle disposizioni normative che hanno riguardato la figura dei medici di famiglia e alla necessità di procedere con un processo di razionalizzazione delle attività svolte. Tra queste, già agli inizi degli anni ’90, c’è stata l’informatizzazione della medicina di famiglia. Circa 10 anni fa, con alcuni colleghi, abbiamo cominciato a discutere sull’utilità di avere sì le cartelle sanitarie per i pazienti, ma anche sull’importanza di poterle condividere con altri medici. Da questa riflessione, è nata l’iniziativa di trovare un software che nascesse direttamente cloud e permettesse, con questa modalità, l’accesso attraverso diversi dispositivi. Posso dire che, in Italia, siamo stati tra i primi a dare corpo a questo progetto che, sin dal principio, ci ha permesso di usufruire dei dati del paziente, di fare le ricette, di registrare tutte le informazioni necessarie anche da remoto. L’iniziativa ha avuto un grande successo, sia perché innovativa, sia per il basso costo. Infatti, lo spirito che l’ha animata non è certo stato di natura commerciale, bensì di aiutare i medici a svolgere la loro professione. Oggi questa cartella, che si chiama Atlasmedica, è leader nella regione Veneto ed è presente sul territorio nazionale là dove c’è una domanda che viene sollecitata direttamente dai medici del territorio».
Quindi, insieme ad alcuni colleghi, ha fondato una società?
«Nel 2010 è nata Atlasmedica.com Srl. La società è stata fondata all’interno del nostro sindacato di appartenenza, la Fimgg (Federazione italiana medici medicina generale), di cui sono segretario da quasi trent’anni per la provincia di Treviso, e da alcuni informatici. È stata un’unione di forze e conoscenze per rendere tecnologicamente più avanzata ed efficace la raccolta di informazioni e servizi collegati a una scheda sanitaria con cui il paziente può interagire. I server che utilizziamo sono in Italia, contrariamente ad altre società concorrenti che li hanno all’estero e, quindi, soggiacciono alle leggi che permettono la vendita dei dati. Atlasmedica non vende le informazioni raccolte a nessuno, neppure quelle aggregate. Il nostro cliente è il medico di famiglia, per la maggior parte dei casi, oppure un policlinico o una casa di riposo o un poliambulatorio. Il servizio offerto viene sottoscritto dal singolo medico o da un’istituzione; viene pagato un canone annuo e il prezzo di vendita della cartella è molto contenuto. Attualmente abbiamo moltissimi medici che stanno utilizzando il nostro servizio».
E così inizia il percorso di Atlasmedica
«Sì, è stato l’inizio. Nel 2017, abbiamo cominciato a fare le prescrizioni dematerializzate della fascia “C”, ovvero di quei farmaci per cui l’Azienda sanitaria non prevede alcun rimborso. Questa modalità digitale, autenticata da Actalis spa, lo stesso ente che certifica la firma digitale delle aziende sanitarie, dà l’opportunità al farmacista di verificare che la ricetta non sia una fotocopia e di rendere la stessa inutilizzabile una seconda volta. Questa è una procedura che ci vede cinque anni avanti rispetto a ciò che avviene a livello nazionale. Nel 2019, invece, abbiamo guardato con interesse a un fatto avvenuto nel Regno Unito dove, un’azienda chiamata Babylon Health, aveva introdotto un teleconsulto con medici generici, sostitutivo a quello dei medici di famiglia, e che è stato autorizzato dal Nhs (National health service). L’iniziativa è stata considerata da noi come una proposta replicabile anche in Italia, visto che permetteva una riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria, aspetto al quale la politica è sempre stata molto sensibile. Abbiamo così pensato di creare un simile servizio all’interno delle nostre cartelle mediche, chiamandolo televideo consulto tra paziente e medico. Si tratta di un video criptato, end to end, conforme alla normativa Gdpr. La video chiamata avviene su iniziativa del medico, a sua discrezione, e in risposta alla sollecitazione del paziente. Anche in questo ambito, siamo stati i primi in Italia a introdurla e abbiamo iniziato a farlo nell’ottobre 2019, poco prima dell’arrivo del Covid-19. Lo scoppio della pandemia e le sue conseguenze ci hanno portati a offrire il servizio gratuitamente a livello nazionale a chi ce lo richiedeva. Abbiamo registrato fino a 20 mila consultazioni in contemporanea, un risultato straordinario. I medici, nei momenti più acuti della crisi pandemica, non avevano dispositivi di protezione e le persone erano a casa ammalate. Grazie al televideo consulto, c’era la possibilità di verificare le condizioni del paziente, come ad esempio interpretare dati quali l’ossimetria o la pressione; si poteva fare il test del cammino. In sostanza, veniva fatta, come avviene tuttora, la prima parte dell’esame obiettivo che è l’osservazione. L’utilizzo di questo servizio si è tradotto in risultati tangibili nel migliorare l’assistenza ai malati in quel momento della nostra storia così delicato e il caso della regione Veneto può essere citato come esempio di efficienza».
Atlasmedica non ha però conosciuto una diffusione nazionale, neppure in quell’occasione
«Abbiamo proposto la nostra iniziativa ad alcune regioni: c’è chi ci ha chiuso la porta in faccia e chi, invece, non ha risposto con un diniego, ma con procedure burocratiche che hanno reso difficile la nostra presenza sul mercato. E poiché il nostro operato ha come fine primario migliorare i servizi, e non perseguire la logica del profitto, abbiamo deciso di non disperdere ulteriormente le nostre energie, se non rispondendo a richieste specifiche di singoli professionisti o strutture».
Quali sono i vantaggi per un medico nell’acquistare la vostra cartella?
«È una cartella che è nata cloud e, quindi, permette all’utente di collegarsi da qualsiasi luogo, sia attraverso la linea fissa, sia mobile. Quindi, massima duttilità di uso. La cartella permette di tenere i dati dei pazienti, fare le fatture e spedirle al Mef, inviare loro gli alert, una funzione di grande aiuto quando, ad esempio, si tratta di avvisare di una campagna vaccinale. Si tratta di un sistema che punta molto all’interazione con l’utente, che può segnalare al medico curante, da remoto, la necessità che gli venga rinnovata la prescrizione di un farmaco collegandosi semplicemente a un portale e inoltrando una richiesta che sarà subito notificata a chi di competenza. Il medico, una volta presane visione, avrà la possibilità di valutarla e mandare una comunicazione via mail al paziente che gliel’ha inoltrata. Nel caso di rilascio di una ricetta, quest’ultima potrà essere o stampata dal paziente o mostrata al farmacista in formato digitale. Siamo stati i primi a offrire questo tipo di fruibilità, la prima piccola rivoluzione che ha fatto Atlasmedica, insieme ad altre peculiarità che la caratterizzano».
Può fare un esempio concreto?
«Il nostro sistema riesce a indicare a un medico, quando ad esempio prescrive un farmaco a un paziente celiaco o che soffre di allergie, se al suo interno c’è un eccipiente per lui nocivo. Inoltre, offriamo anche un altro servizio: l’abbinamento dei farmaci durante il periodo della gestazione. In Italia, non c’è un elenco dei medicinali permessi a seconda del periodo della gravidanza, ma esiste negli Stati Uniti. Noi abbiamo riportato la stessa classificazione americana nella cartella, che fa scattare un campanello d’allarme nel momento in cui vengono prescritti medicinali che non sono ritenuti somministrabili in quella specifica fase della gravidanza. Poi c’è una funzione che permette il rilascio di certificazioni, molto utile per i pazienti e pratico per il medico che le deve redigere».
Come vendete il vostro servizio?
«Con il passaparola tra medici. Non abbiamo una struttura che può permettersi una rete di informatori. Quando riceviamo un’indicazione di interesse, un medico, insieme a un informatico, va a presentare il servizio, solitamente a una platea di persone potenzialmente interessate all’acquisto. E devo sottolineare che il nostro basso costo in rapporto a ciò che offriamo ci rende molto concorrenziali».
Nell’ambito della telemedicina, siete interessati ad altri dispositivi?
«Certamente, soprattutto a dispositivi che possono essere collegati con il nostro programma, come la registrazione immediata nella scheda sanitaria della pressione sanguigna, la glicemia o l’INR che un paziente si misura».
Quali sono i potenziali sviluppi futuri?
«La tecnologia ha raggiunto livelli inimmaginabili. Pensi che c’è stato un intervento chirurgico da Boston su un paziente in Italia. C’è da chiedersi chissà che cosa sarà possibile fare nel giro di qualche anno. A volte, penso che la straordinaria produzione di Leonardo da Vinci avrebbe potuto superare ogni limite, se solo il grande genio avesse avuto un computer a disposizione, anziché la carta e la penna. Tutto ciò per dire che il nostro programma è nato nuovo e continuerà ad aggiornarsi».
Ma pensa che l’evoluzione della tecnologia in qualche modo andrà a modificare il rapporto medico/paziente?
«Noi siamo consapevoli che il programma e tutti gli accorgimenti che possiamo apportare non sostituiranno mai il rapporto fiduciario tra paziente e medico. La medicina di famiglia vive sulla salute delle persone, mentre tutte le altre vivono sulla malattia dei pazienti. Più volte si è malati, più frequenti sono le visite dallo specialista. Meno si è malati, meno si va dal medico di famiglia. Detto ciò, la medicina di famiglia è continuativa nel tempo: io ho pazienti che conosco da 30 anni, con i quali c’è un rapporto di confidenza e sono partecipe di tutti gli eventi che li riguardano, quelli familiari compresi. È un legame che fa dire a me “il mio paziente” e, a lui, “il mio medico”. Una macchina difficilmente potrà sostituire questo rapporto. Quando vado a casa di una persona anziana allettata e prendo la sua mano, non è solo per sentirle il polso, ma per darle calore umano: si stabilisce un contatto empatico che la macchina non può sostituire. Le nuove tecnologie prenderanno sempre più piede nello svolgimento della nostra attività di medici, ma il contatto umano che si instaura con il paziente è unico».
Ma la tecnologia sta permettendo di fare cose sino a qualche anno fa impensabili.
«È vero e occorre investirvi molto, tanti soldi che, ad esempio, Atlasmedica non ha a disposizione. Per questo motivo, per noi sarebbe di grande aiuto trovare alcuni partner che condividano con noi una serie di valori tra i quali, in primis, la creazione di un servizio sanitario equo-solidale e siano disposti a investirvi per migliorare le condizioni di vita delle persone. Questa è la logica che ha guidato e guiderà la nostra crescita. In Atlasmedica, a fianco dei medici, lavorano informatici che si occupano solo delle innovazioni, perché la nostra ambizione è acquisire una leadership nel mercato. Certo, se avessimo avuto una controparte politica più attenta, avremmo risparmiato ai contribuenti italiani diversi milioni. Invece del fascicolo sanitario nazionale, che presenta diverse criticità, i medici avrebbero potuto acquistare, a loro spese, la nostra cartella sanitaria, facendo risparmiare molti soldi allo stato e usufruendo di uno strumento molto più efficiente. Il nostro programma, infatti, è articolato per problemi e, quando un medico lo deve utilizzare, sa esattamente, nel caso di una patologia, dove deve andare a cercare le informazioni delle quali ha necessità»
Una provocazione. Il metaverso è potenzialmente un ambito promettente per l’assistenza sanitaria?
«Per definizione, il medico è una persona che è sempre molto attenta alle innovazioni. Nel ‘700, quando si auscultavano i polmoni, si metteva un fazzoletto sulla pelle della persona e vi si appoggiava l’orecchio. Ma chi si poteva permettere allora di avere un medico, erano solo le persone benestanti. Con la rivoluzione francese le cose cambiarono e le cure mediche vennero estese a tutti a un costo ritenuto accettabile. Un medico, il dottor Laennec, ebbe l’idea di realizzare un distanziatore tra l’orecchio di chi visitava e la pelle del paziente, per evitare un contatto fisico in situazioni non sempre piacevoli e con rischi di contagio. Fu così che nacque lo stetoscopio. Le innovazioni, in campo medico, sono state continue e gradualmente è stato accettato il loro utilizzo. Quindi, non c’è da stupirsi se ciò che oggi appare strano o molto lontano da ciò cui si è stati abituati non sarà più così con il trascorrere del tempo. Vista la velocità dello sviluppo tecnologico, non sono in grado di dire se il medico, nel futuro, sarà sostituito da “altro” nell’esercizio della sua funzione. Detto ciò, come affermato in precedenza, nell’ambito della medicina c’è quel rapporto tra paziente e medico che una “macchina” non può sostituire, almeno per il momento».